Luglio 2025

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Programma delle giornate


Il WORKSHOP DI FOTOGRAFIA SOCIALE by Giulio Di Meo


Venerdì 18 Luglio – “Parliamo di libri”


Sabato 19 Luglio – Proiezione film “Portuali”


Domenica 20 Luglio – Piazza Alimonda Per non dimentiCarlo

Premiazione delle tesi vincitrici del Bando per borse di studio indetto dal Comitato Piazza Carlo Giuliani odv

Lavori Premiati di Michelangelo Pistilli (V anno superiore), Andrea Campodonico e Mattia D’incecco (Tesi triennali), Giulia Carati (Tesi Magistrale)

Foto @MLBarionaMattia D’incecco, Giulia Carati

Il saluto a Carlo del Comitato e di tutta la Piazza!

La poesia di Biancamaria Furci

Le nostre idee non moriranno mai.
Lo abbiamo detto, scritto, tatuato e urlato,
Lo abbiamo inciso nella pietra e nei cuori, un monito a pieno fiato,
Nonostante tutto, nonostante l’ultimo afflato
di un mondo abusato e brutalizzato che muore asfissiato.
Nonostante questo spazio che ora calpestiamo,
dove Carlo ha dato la vita per un’ideale che va rinnovato.
Per questo ora chiediamoci: le nostre idee non moriranno mai?

Muoiono nelle case sbriciolate da missili italiani,
nelle scuole coi banchi imbrattati di resti umani,
nelle tendopoli date alle fiamme fra i corpi carbonizzati,
negli ospedali rasi al suolo coi neonati abbandonati,
nelle ambulanze saltate in aria sotto i droni militari,
nei crateri i giornalisti l’obiettivo fra le mani,
nelle sparatorie a mitra in fila per gli aiuti umanitari,
nelle amputazioni fatte senza anestesia o medicinali,
nella terra rosso sangue della Palestina e dei suoi partigiani.
E non è dal sette ottobre ma dal 1948,
dal primo mattone rubato, dal primo volto coperto a lutto,
dal primo ulivo sradicato per disegnare un progetto,
il genocidio non bussa alla porta, non chiede permesso: fa saltare il tetto.
Così un padre scrive il nome del suo bimbo lì sul braccio,
se sarà martire o orfano avrà d’identità uno stralcio.
Una donna seppellisce gli ultimi cari e l’anima afflitta,
non è rimasta intera una sola famiglia.
Una nonna stringe al cuore una chiave antica,
nessuna casa a cui far ritorno ma la speranza è vita.
E sì, noi ci siamo, col cuore aperto come appropriata ferita,
in ogni piazza a sventolare bandiere in dieci o in centomila,
con la colpa cucita addosso come un marchio che mai si sfila.
Perché la Storia condannerà il silenzio complice a vita,
ma abbiamo scelto da che parte stare:
con chi lotta, chi resiste, chi non si lascia cancellare.
Terrorista è lo Stato e il suo apparato militare e criminale:
contro Israele e l’Occidente che glielo lascia fare.
E allora che le nostre bocche siano micce da infiammare,
che la poesia sia inflitta feroce, che le parole siano lame,
ogni blocco in porto un tuono che diventa temporale.
From the river to the sea,
Palestine will be free.
E se ci crediamo ancora, e lo dobbiamo, questo sì,
non cediamo ai genocidi in streaming di serie A e di serie B,
scendiamo nelle strade per Sudan, Congo, Tigray,
Myanmar, Kashmir,
Yemen, Etiopia, Siria, Kurdistan, Haiti.
Ovunque Europa e States abbiano finanziato morte,
è là che si combatte dell’umanità la sorte.
E ora chiediamoci: le nostre idee non moriranno mai?

Muoiono di lavoro nero, precario, forzato,
condanniamo la gru, il ponteggio, il cemento armato,
e assolviamo il padrone di fedina immacolato,
pronto a dire “Signor giudice, ce lo chiede il mercato,
non è omicidio colposo, non è neanche un reato,
non siamo Stato noi, non guardi al corpo precipitato,
un sistema ben oliato avrà pur qualche difetto di fabbricato”.
Perché se è il capitale a comandare la vita
si fotta quella carne-numero che ancora respira,
tu non consumare più, produci e spira.
Li macella il profitto col sorriso aziendale,
ogni vita spenta è una virgola nel report settimanale.
Il sistema vuole schiavi a capo chino e mente svuotata,
che dicano “grazie signor padrone” a fine giornata,
Non puoi pensare se lavori dodici ore,
non sviluppi coscienza di classe se hai la fame da bere,
non puoi unirti ai compagni se sei il prossimo che muore.
E se ci provi ricorda: chi sciopera è ladro, chi cade è sfortunato.
Lavano via il sangue col detersivo dei giornali,
che dicono “fatalità” e chiudono i canali.
Questa è una strage studiata, approvata, legalizzata,
tre vite al giorno il prezzo dell’economia avanzata.
Applaudiamo la crescita e l’indice del PIL,
ma sopra tombe fresche nessun sol dell’avvenir.
E ora chiediamoci: le nostre idee non moriranno mai?

Muoiono in mare, nel cimitero in cui andiamo d’estate,
in vacanza in quelle mete turistiche e mai più considerate,
le regioni del Meridione sfruttate e dimenticate
ridotte a merce di scambio o base militare,
però coi dialetti che risate, oh, che risate.
Nelle rotte della morte aggrappati sotto ai tir,
scappati in autogrill,
rinchiusi alle frontiere le manette fanno un clic,
Via nei CPR-lager, dell’impero un souvenir,
ti daremo noi la corda, pasti no ma forca sì.
Ed i nostri di tiranni non penzoleranno più,
relegati nel passato che è finito a testa in giù,
Ora seduti sugli scranni del capitale sopra i più,
scelgieranno gas, diamanti, coltan, petrolio dal menù.
Democrazia e civiltà esporteremo con bombe e virtù,
finanziamo guerre e morte, deprediamo corpi e terre: coloniale déjà-vu,
quindi se vieni in Europa è scelta tua la schiavitù,
a morir nei nostri campi sole alto e faccia blu,
li chiamiamo disperati o criminali alla tivù,
ma di sogni, di speranze, vite infrante gran tabù,
a cercar sorte migliore è la nostra gioventù,
la bianchezza privilegio fa le foto coi bambini ma laggiù, che restino laggiù,
vi vogliamo appesi in croce e poi a messa da Gesù.
E ora chiediamoci: le nostre idee non moriranno mai?

Muoiono sorelle trans, corpi non conformi,
esistenze dissidenti di chi macera sempre ai bordi.
Omolesbobiatransfobia è una parola troppo complicata?
Perdonaci compagno, la lezione sull’intersezionalità l’hai saltata,
ma forse eri presente a quella che ti insegna i calci e l’accoltellata,
che ti addestra a gioire del sangue che fiotta,
la gelosia ingiuriosa che ti schiuma dalla bocca,
quella sul troppo amore che ti fa impugnar la mazza,
a te gigante buono, preda di un raptus, com’è difficile gestire la rabbia,
com’è difficile inseguirla quando scappa,
com’è difficile rinchiuderla in una valigia o in una gabbia,
com’è difficile seppellirla a fondo nella sabbia,
com’è difficile gettarla da una scarpata se si aggrappa,
com’è difficile accettare un no se quella scalcia,
ma com’è facile esercitare il tuo potere se la giustizia non t’intralcia.
Qualche lezione però l’abbiamo seguita anche noi,
verran le streghe, le sorelle, siamo affilate, abbiamo i rasoi.
E ora chiediamoci: le nostre idee non moriranno mai?

Muoiono stipati in carcere con le membra ormai contorte,
su brandine troppo corte per la rabbia di chi non dorme,
con le sbarre troppo strette per un respiro alle finestre,
con le vene troppo aperte per non zampillare morte.
Muoiono per strada, di fame freddo o abbandono,
muoiono senza casa, che non è diritto è un dono,
muoiono e spariscono, che non facciano frastuono,
che non disturbino il turismo o i progetti del decoro.
Muoiono nei loro corpi istituzionalizzati e disablizzati,
da trattare come angeli finché non chiedono di essere ascoltati,
da rinchiudere in Psichiatria con i vetri oscurati,
da lasciar marcir sul fondo senza che occhi ne sian turbati.
Muoiono sotto le botte della polizia,
manganelli benedetti da partiti in abulia,
noi piangiamo i nostri morti, loro promozioni e amnistia,
per Piazza Alimonda, Bolzaneto, la Pascoli-Diaz,
se ti va bene una commozione, una denuncia o un foglio di via,
per aver detto la verità, per non aver scelto l’ipocrisia
di chi applaude quelle leggi del dissenso anestesia.
Perché le camicie bianche, loro firmano i decreti
ma quelle nere a mano tesa marcian nei nostri quartieri.
Dietro l’angolo c’è una sede di fascisti italici e fieri,
Se vi sporgete li vedete, ho contato, sono a 210 metri.
E ora chiediamoci: le nostre idee non moriranno mai?

A Genova, ventiquattro anni fa,
le nostre idee furono schiacciate dai blindati,
con la colpa di vetrine rotte in un mondo in frantumi,
ma non morirono là,
resistendo al pugno duro al cuore di una generazione,
eppur ancora batte, ancora spera, ancora rinnova quell’ardore.
Vivevano e vivono in ogni tenda No Global,
in ogni corteo, in ogni assemblea,
in ogni pugno alzato, in ogni slogan,
in ogni voce che genera e crea:
un altro mondo è possibile,
un mondo migliore è necessario e vivibile,
e abbiamo più che mai il bisogno imprescindibile
della nostra sacra rabbia,
della nostra voce anche se rotta,
della nostra eterna lotta.
E ora rispondiamoci: sì, le nostre idee non moriranno mai.

Qui calpestiamo il corpo di Carlo, gli passiamo accanto,
Ma ogni nostro passo è un giuramento,
un sacro impegno,
un voto che non può e non deve essere infranto.
E ci sarà spazio per il nostro altissimo lamento
e ci sarà tempo per chi deve pagare pegno
e ci sarà il giorno della rivalsa portata in alto.

E per questo oggi sono qui, e vi chiedo di unirvi a me:
Carlo è vivo e lotta insieme a noi.
Le nostre idee non moriranno mai.


Domenica 27 Luglio – Torneo di calcio a 5 “Carlo Giuliani”