Il silenzio e il coraggio di infierire

Un pubblico processo per fare chiarezza sull’uccisione di Carlo che mai c’è stato, il silenzio di grandi organizzazioni e il coraggio di infierire da parte di un capitano dei carabinieri

di Haidi Gaggio Giuliani

Ho letto su Osservatorio Repressione l’articolo del 10 aprile Turchia, quando il potere infierisce anche sui familiari delle vittime di Gianni Sartori, che ringrazio: si ricorda ancora di me nonostante la mia latitanza (mi ha fermato il tumore da qualche anno). La situazione in Italia non è drammatica come in altri Paesi, comunque non bisogna sottovalutare alcuni segnali.

Tempo fa avevo ricevuto da parte di Amnesty International l’invito a sottoscrivere un appello per Pedro Enrique, ucciso con otto colpi di pistola mentre dormiva nel suo letto: “I tre assassini sono stati identificati come poliziotti, ma sono ancora liberi e in servizio”. La colpa di Pedro Enrique è stata quella di organizzare marce pacifiche nella regione di Bahia in Brasile per denunciare la violenza sistematica della polizia nei confronti di giovani neri. Sua madre Ana Maria si batte da anni per chiedere giustizia per l’assassinio di Pedro Enrique. Sostieni la lotta di Ana Maria”. Giusto, ho pensato. Un giovane uomo come mio figlio, ho pensato. Anch’io ho chiesto per molti anni un pubblico processo che facesse chiarezza sulla sua uccisione, che rispondesse ai molti dubbi rimasti. Amnesty però non ha mai organizzato in sostegno una raccolta di firme e io non ho mai capito perché.

Certo, Pedro Enrique è stato ucciso nel suo letto mentre l’immagine di Carlo è cristallizzata nel momento in cui, con un estintore vuoto tra le mani a più di tre metri di distanza, “assale” una povera camionetta indifesa. Riparati dentro la camionetta ci sono tre (qualcuno ha detto quattro) carabinieri armati, ma questo si sottace. La sua uccisione viene rapidamente archiviata quando ancora la “grande” informazione parla di ferite pregresse per i manifestanti massacrati alla scuola Diaz: nel 2003 infatti per la “macelleria messicana” erano ancora indagati i manifestanti che dormivano nella palestra e non circolavano notizie a proposito delle torture nella caserma di Bolzaneto.

L’ archiviazione ha influito pesantemente, in seguito, vanificando i nostri tentativi di ottenere un processo, sia in Italia che presso la Corte europea.

In cambio un altro processo è in corso: il signor Claudio Cappello, presente in piazza Alimonda quel 20 luglio con il grado di Capitano, ha querelato il padre di Carlo per aver usato parole poco rispettose nei suoi confronti in un paio di interviste. Non ho mai approvato il linguaggio di mio marito, certe sue interpretazioni. Sono convinta che riportare i fatti nudi e crudi, e le immagini (tutte), sia sufficiente: le persone che ascoltano, se sono interessate, hanno la capacità di giudicare autonomamente. Tuttavia penso che ci vuole coraggio per infierire su un vecchio di ottantasette anni, che certamente non è uscito indenne neppure lui dalla tragedia che ha colpito la famiglia.

Ma il signor Cappello è un Colonnello dell’Arma, il coraggio non gli manca.