di Giuliano Giuliani

stampato in proprio.

Nella postfazione a Carlo Giuliani, il ribelle di Genova, la graphic novel di Francesco Barilli e Manuel De Carli, Becco Giallo edizioni, Checchino Antonini scrive:

Ero a fianco di Giuliano in un liceo di Verona. L’aula era strapiena di ragazzi e Giuliano spiegava loro il filmato montato da lui, con pazienza e perizia, per ricostruire le ultime ore di Carlo. D’improvviso mi sono reso conto che stava rivivendo per la milionesima volta la morte di suo figlio. E la sua voce pacata, ferma, seguiva i movimenti di un ragazzo di cui conosceva la voce, l’odore, di cui vedeva gli ultimi istanti e di cui ripercorreva ogni giorno l’agonia. Che paese è quello in cui un padre deve rivivere il suo strazio più grande per cercare di ottenere verità e giustizia?

Da dodici anni Giuliano studia immagini, ascolta registrazioni, legge testimonianze. E attende risposte. Come i genitori di Federico, le sorelle di Stefano e di Giuseppe, i figli di Aldo, le figlie di Giuseppe e di Michele…
La lista è lunga.
Ma che paese è il nostro?


Haidi Gaggio Giuliani

Lo scopo fondamentale del libro che ho scritto è restituire a Carlo la verità su quanto è accaduto, verità che il potere e quasi tutti quelli che se ne sono occupati hanno volutamente ignorato, travisato e calpestato, a cominciare ovviamente dai molti individui che si occupano di informazione. Associato a questo scopo ve ne è un altro: evitare inutili e negative generalizzazioni (usando i termini collettivi: magistrati, giornalisti, carabinieri, poliziotti, politici e via elencando), che finiscono con l’offendere chi, all’interno di ciascuna categoria, si occupa in modo dignitoso dei propri compiti, a volte con oggettive difficoltà non dipendenti dai comportamenti personali; generalizzazioni che riducono persino la responsabilità di chi usa comportamenti indecorosi, perché… se così fan tutti! No, nessuna generalizzazione, ma invece nomi e cognomi, associati ai comportamenti persino indegni che in molti hanno tenuto nelle varie fasi.
Quali le fonti del libro? Qui sta una delle considerazioni che dovrebbero apparire persino scandalose: le fonti sono il materiale fotografico, filmico, testimoniale presente nei faldoni del tribunale di Genova. Materiale enorme, circostanziato, in grado di fornire a iosa la documentazione sufficiente per ricostruire secondo per secondo, sequenza per sequenza, tutta la scena. Ma chi avrebbe dovuto farlo, proprio per i compiti che gli sono affidati, sono i magistrati incaricati di valutare l’omicidio, che si sono ben guardati dal farlo. Il pubblico ministero che ha accolto con evidente giubilo l’imbroglio messo in piedi dai periti da lui stesso scelti e nominati (sparo per aria e deviazione del proiettile da parte di un calcinaccio!), imbroglio costruito per avvalorare la tesi della legittima difesa (se chi ha sparato ha sparato per aria non voleva colpire!). La giudice per le indagini preliminari, che ha persino utilizzato come prova fondamentale per decidere l’archiviazione una testimonianza “anonima” reperita su un sito attribuibile ad anarchici francesi! E che, come non bastasse, ha persino ipotizzato da parte di Carlo un precedente lancio dell’estintore contro la jeep: nel libro si dimostra come tra il lancio dell’estintore da parte di un manifestante (con ben altro abbigliamento) e lo sparo che colpisce Carlo trascorrono soltanto otto secondi!
Il libro dedica ovviamente molte pagine al comportamento del reparto di carabinieri che opera in piazza Alimonda, soprattutto con riguardo alla struttura di comando. Ed è significativo, per una valutazione oggettiva dei comportamenti, comparare ciò che è evidente nei filmati e nelle fotografie con quanto è stato scritto nei verbali e nelle comunicazioni subito dopo i fatti. Ma anche con quanto gli stessi ufficiali hanno dichiarato nelle testimonianze rilasciate durante il processo che si è svolto a Genova a carico di 25 manifestanti accusati di associazione per delinquere finalizzata alla devastazione e al saccheggio (reato previsto in un articolo del vecchio codice fascista Rocco, il cui utilizzo non può non definirsi una delle tante follie che hanno riguardato Genova 2001: meno male che la Cassazione ha poi opportunamente ridimensionato accuse e condanne!). In quelle testimonianze non vi è quasi mai una corrispondenza accettabile con i fatti accaduti e il tutto non può essere certamente derubricato sotto l’artificio del “non ricordo”! Ciò che è davvero grave e preoccupante è che emerge una conseguente impunibilità per qualunque atto grave commesso da appartenenti all’arma dei carabinieri. E’ una delle ragioni per le quali personalmente mi rifiuto di usare un termine generalizzante come “forze dell’ordine”. E’ certamente vero che anche i comportamenti di appartenenti alla polizia sono a volte criminogeni e delinquenziali, ma è altrettanto vero che condanne di questi comportamenti vengono emesse, anche se con pene da considerarsi troppo lievi. Per analoghi comportamenti non risultano avviate nei confronti dei carabinieri pratiche giudiziarie né tanto meno condanne esecutive.
Insomma, un libro da leggere (e un dvd annesso da consultare) per rendersi conto di come funzionano, male, settori decisivi per la vita democratica del nostro Paese.

Giuliano Giuliani