Trieste, Piazza del mondo. 14 – 19 agosto 2023
La piazza del mondo ti accoglie appena esci dalla stazione ferroviaria di Trieste.
E subito ti colpisce.
Colpisce per gli sguardi di chi la abita e per l’indifferenza di chi ci passa accanto e non ci entra. È come se Trieste abbia deciso di non vedere. È come se la piazza tutt’attorno fosse circondata da un muro invisibile. E dentro ci sono loro: decine e decine di giovani uomini con il viso stravolto ed i piedi distrutti. Che in silenzio aspettano: ci sono infermiere che curano le loro ferite mentre altri volontari distribuiscono tagliandi per avere cibo, scarpe e coperte. Ben sapendo che cibo, scarpe e coperte non basteranno per tutti.
Alcuni ingannano l’attesa giocando con un pallone. Altri pregano o provano a chiamare casa. Altri ancora cuciono i nomi di chi non c’è più, scomparso lunga la rotta balcanica, in quello che qui viene chiamato il “lenzuolo della memoria”.
E poi arriva Mohamed, un bimbo afgano di 9 anni che quasi riesce più a muoversi. Ha appena attraversato il confine camminando. Tanta parte della piazza si precipita e lo circonda, cercando di farlo ridere per distrarlo dal dolore delle piaghe ai piedi.
Ma come si possono curare le ferite della sua anima?
La Piazza del Mondo comincia a riempirsi nel tardo pomeriggio, quando il sole comincia a calare. Gli abitanti della piazza hanno ormai imparato l’arte dell’attesa. Si aspetta che vengano distribuiti i biglietti per la cena e quelli per i vestiti, si aspetta l’arrivo delle infermiere a cui mostrare le piaghe e le ferite, si aspetta l’arrivo di qualcuno con cui scambiare due parole. Si aspetta che il tempo passi o si trasformi. Si aspetta l’arrivo di qualcosa di nuovo. Si aspettano, ad esempio, gli scout.
Che proprio oggi, con il loro carico di energie e curiosità, sono arrivati. A giocare, a danzare, a distribuire il cibo, a ricamare i nomi di chi non c’è più, ad ascoltare le storie di chi ha attraversato i Balcani a piedi ed a raccontare di come, anche loro a piedi, sono arrivati a Trieste. Ventenni che accolgono loro coetanei. E così gli scout hanno riempito la piazza. Di vita e di risate.
In tutto questo, affamate ed impaurite, le persone continuano ad arrivare. E la piazza continua ad accogliere.
La Piazza del Mondo è una piazza partigiana.
Gian Andrea Franchi – fondatore assieme alla moglie Lorena Fornasir di “Linea d’ombra” – in proposito ha le idee chiarissime: la loro azione, il prendersi cura dell’altro, è un atto politico, non semplice volontariato. Curare i migranti, nutrirli e vestirli per consentire loro di riprendere il cammino, ovunque vogliano andare, è una critica diretta e frontale alla politica migratoria italiana ed europea. Laddove gli Stati costruiscono muri, loro gettano ponti. Restituiscono dignità ed umanità a chi, per colpa delle politiche liberiste e neocoloniali, è stato privato di tutto. Al centro della loro azione c’è la persona che, in quanto tale, è portatrice di diritti inalienabili.
La piazza è la dimostrazione concreta che un altro mondo, non solo è possibile ma necessario. E per il solo fatto di esistere, la piazza racconta, diventa e contiene una forma di resistenza. Culturale, politica ed umana.
A Kanvala ci accompagna Sohail che da 2 mesi dorme lì. Ed ecco che quello che loro chiamano il “Grand hotel” si mostra in tutta la sua drammatica e brutale violenza: zanzare, ratti, tafani. Qua e là spuntano alcune tende o altri ripari di fortuna. Niente acqua, né luce, né servizi igienici.
Questo enorme silos – di proprietà di coop alleanza 3.0 che, alla faccia del tanto decantato spirito cooperativo, ha denunciato i migranti per violazione di proprietà privata – è oggi abitato da circa 300 persone che vivono in condizioni disumane. Con la connivenza dello Stato e delle forze dell’ordine. Kanvala rappresenta l’abisso dell’umanità ed il fallimento della politica
Io guardo Sohail e gli chiedo come sia possibile tornare tutte le notti in questo posto. Lui mi sorride, mi chiede una sigaretta e, mentre aspira, candido mi risponde: «non è per sempre, è solo per un po’. Presto o tardi me ne andrò da qui».
E così, mentre torniamo nella piazza del mondo, la “politica della cura” di Lorena assume ancora più significato. È lei a restituire dignità ai corpi dei migranti. Ed allora ricomincia la vita.
Ma Kanvala resta. Negli occhi e nel cuore.
La Piazza del Mondo ti obbliga a scegliere.
E quella di decidere a chi dare cibo, vestiti e coperte è una delle scelte più difficili da compiere.
Mani che chiedono, corpi che ti circondano fino a soffocare, sguardi che implorano: tutti hanno bisogno di tutto. Ma tutto per tutti non c’è.
Ed è in quel momento che arriva il peso della scelta. Perché una scelta va comunque fatta.
Allora cerchi di individuare quelli appena arrivati, li riconosci dai piedi e dagli sguardi. Poi provi a capire le età delle persone, perché sai che minori e anziani hanno la priorità. E Poi, quanto tutti chiedono, ti accorgi che in un angolo della piazza, in disparte, c’è qualcuno che non riesce a chiedere. Ed allora sei tu ad andare da lui portando con te viveri e calzature.
Poi ti guardi le mani e capisci che hai finito tutto. E cerchi le parole per spiegarlo a quelli che sono rimasti senza niente e che si accalcano attorno a te pur sapendo che non c’è più nulla.
Nel mentre, nelle panchine della piazza, le mani delle infermiere continuano a curare i corpi e la dignità dei migranti. Perché gli arrivi continuano. E la solidarietà pure.
Shahid ha 25 anni ed è a Trieste da un qualche mese. Manca dal Pakistan da 6 anni. Per arrivare qui ha attraversato mezza Asia e mezza Europa: Iran, Turchia, Grecia, Macedonia, Serbia, Bosnia, Croazia, Slovenia. A piedi. Chiama spesso la madre e le sorelle per tranquillizzarle, loro non sanno che anche lui è uno degli ospiti del “Grand hotel Kanvala”. Vorrebbe fare il sarto, lo stesso lavoro che faceva in Pakistan. In un inglese stentato, racconta la sua odissea: «Il viaggio è molto difficile, attraversare le montagne è molto difficile. molti sono morti. E quando vedi morire un compagno di viaggio non puoi dimenticarlo».
Sohail ha 26 anni e viene dal Kashmir. È partito a marzo. È stato costretto a lasciare casa: militava in un partito che chiedeva autonomia politica ed economica dall’India. La prima tappa del viaggio è il Pakistan. A casa lascia il padre, 5 fratelli e 2 sorelle. Quello che guadagna non è sufficiente a mantenere la famiglia e per questo riparte.
«I confini più difficili da attraversare sono stati quello iraniano e quello bulgaro. In Iran ci hanno preso, spogliato e ci hanno sparato con proiettili di gomma, in Bulgaria i militari usano cani che sono addestrati ad azzannarci».
L’ultima tappa del suo viaggio è l’Ungheria. Qui decide di pagare un passeur. «Eravamo in 26 nascosti in un camion. Non so da dove siamo passati perché eravamo rinchiusi e non potevamo guardare fuori. Abbiamo viaggiato per 13 ore ed alla fine siamo arrivati qui».
Luca Greco si presenta:
Dottore di ricerca in filosofia teoretica, incontro sui banchi del liceo, nel 1996, Walter Benjamin e la sua flânerie. Da quel momento, perdermi coscientemente fra le vie, le piazze, i labirintici vecchi carruggi delle città e dei luoghi che visito, sarà un tratto distintivo del mio viaggiare. Un sindacalista della CGIL, un educatore di scuola, un no global ai tempi del 2001, un ricercatore mancato, un volontario, un cooperante: sono e sono stato tutto ciò.
Nel 2020 pubblico, per “Mondo Nuovo Edizioni”, le Strade dell’Apartheid, racconto fotografico che tiene assieme Palestina, Sahara Occidentale ed Irlanda del Nord.
Associazione Linea D’Ombra
Linea d’Ombra è un’associazione di volontariato nata a Trieste nel 2019, per iniziativa di Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, per sostenere i migranti provenienti dalla la rotta balcanica, sia quelli bloccati in Bosnia sia coloro che fanno tappa a Trieste prima di proseguire verso altri paesi europei e per i quali non esiste alcuna forma di accoglienza istituzionale. I volontari sono presenti ogni pomeriggio in piazza Libertà, davanti alla stazione centrale di Trieste, medicando le ferite e offrendo cibo, scarpe nuove, indumenti puliti e, nella stagione invernale, sacchi a pelo e giacche.