Dal23 dicembre Quella notte alla Diaz viene pubblicato gratuitamente online, una pagina a settimana, ed è accessibile iscrivendosi alla newsletter a questo link: christianmirra.com/diaz-project
Nel 2010, con il processo Diaz ancora in corso e senza un reato di tortura nel nostro codice penale, Christian Mirra pubblicò per la casa editrice Guanda la graphic novel Quella notte alla Diaz. Una cronaca del G8 a Genova. Un fumetto prezioso per comprendere cosa accadde la notte del 21 luglio 2001 nella scuola di via Cesare Battisti, perché non abbiamo immagini degli interni. Molti filmati e fotografie, infatti, sono stati distrutti nel corso di quella che avrebbe dovuto essere una perquisizione, mentre le persone prelevate dalla scuola ricevano inammissibili capi di imputazione e in molte venivano portate nella caserma di Bolzaneto, di tortura in tortura.
In quei primi nove anni gran parte dell’informazione main stream ha continuato a ripetere che le consistenti tracce di sangue presenti nella scuola non fossero altro che “macchie di pomodoro” o “ferite pregresse” e che quel luogo, messo a disposizione dal Comune di Genova per ospitare i/le manifestanti, accogliesse dei terroristi da stanare con ogni mezzo necessario. Vale la pena ricordare che nel corso della conferenza stampa, la notte tra il 21 e il 22 luglio 2001, ai giornalisti e alle giornaliste presenti non fu permesso fare domande.
Nonostante tutto, però, nel 2012 la verità è emersa, grazie all’impegno instancabile di molti e molte, dentro e fuori le aule di tribunale, ma soprattutto grazie ad una serie di immagini che hanno mostrato l’ormai famoso sacchetto celeste contenente le bottiglie molotov portate dentro la scuola dalla Polizia stessa.
Chi in quei primi anni cercava di conoscere quei fatti ha trovato nella graphic novel di Christian Mirra una fonte preziosa per comprendere non solo i fatti, ma anche le modalità e i luoghi. Le tavole, infatti, come fotogrammi di una camera da presa, mostrano ogni scena con inquadrature diverse, zoom che permettono di vedere e conoscere l’ambiente interno e così di raggiungere una comprensione più profonda, precisa, rigorosa. Eppure Christian non si limita a questo e ci offre una moltitudine di fonti diverse: presenta il clima che ha preceduto quelle giornate, ma soprattutto quello che le ha seguite con articoli di giornale, commenti di familiari e amici.
A distanza di venticinque anni, bisogna ribadire che molte persone nel 2010 non avevano ancora raccontato la “propria Genova” anche per l’antico timore che Primo Levi aveva ben individuato, quello di tornare a casa e non essere creduti dai propri cari. Un timore che nel corso di questi anni abbiamo conosciuto e riconosciuto nelle donne e nelle persone non binarie, nei palestinesi, nei migranti, negli attivisti dei nostri tempi.
Chi non ha paura di confrontarsi con la storia e non vuole manipolarla, sa ascoltare e sa a chi credere. Noi l’abbiamo sempre saputo.
Ci auguriamo che il lavoro prezioso che Christian Mirra sta mettendo a disposizione possa essere fonte di ispirazione per ricerche future.

